Privatizzazione dell’ACQUA

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di Francesco Gesualdi – disinformazione.it

Mentre Giulio Tremonti dava lezione all’università di Shangai e stupiva i capi del partito comunista cinese con le sue bordate contro il mercatismo e lo strapotere bancario, a Roma il Parlamento italiano, sotto ricatto dell’ennesima fiducia posta dal governo di cui Tremonti è ministro, approvava il cosiddetto decreto Ronchi che fissa un altro pesante paletto sulla strada della privatizzazione dell’acqua. Un decreto di difficile lettura, zeppo com’è di  rimandi a leggi precedenti e di vocaboli astrusi, incomprensibili perfino ai parlamentari che l’hanno votato. L’unica cosa certa gli scopi: da una parte mettere in riga i comuni che si ostinano a gestire l’acqua tramite società a totale capitale proprio, dall’altra  assicurare alle imprese private margini d’affari più ampi.

Il tutto tramite due provvedimenti chiave: decadenza al dicembre 2011 di ogni contratto di affidamento stipulato con società formate al 100% da capitale pubblico, a meno che non cedano il 40% del loro capitale; decadimento al dicembre 2012 di ogni contratto di affidamento stipulato con società miste, pubblico-privato, quotate in borsa, a meno che la quota di capitale pubblico non scenda sotto il 30%. “Basta con situazioni in cui ogni comune fa come vuole – sembra dire il decreto – d’ora in avanti tutti devono uniformarsi allo stesso metodo di gestione.”  Per la verità i  regimi previsti sono due:

1. affidamento  dell’acquedotto a una società scelta tramite gara, vince quella che indipendentemente dalla sua formazione del capitale e la sua nazionalità, offre condizioni più vantaggiose;

2. affidamento dell’acquedotto a società di proprietà dei comuni, a condizione che la partecipazione venga allargata a un partner privato scelto tramite gara. Al privato deve essere garantita una quota di partecipazione non inferiore al 40% e l’affidamento dei compiti esecutivi.

Privatizzazione dell’ACQUAultima modifica: 2009-12-05T19:00:00+01:00da consumatori
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