Buoni postali. Chi fa il furbo con i rendimenti, ma soprattutto: a chi giova?

poste.jpgdi Alessandro Pedone – Aduc

I buoni postali fruttiferi (BPF) sono strumenti interessanti (e spesso non compresi) che consentono di effettuare un investimento obbligazionario garantito dallo Stato anche a lungo termine (fino a 20 anni) senza esporsi al rischio di prezzo legato ai tassi d’interesse.

Chi determina i rendimenti di questi buoni? L’emittente, ovvero la Cassa Depositi e Prestiti, una società per azioni a controllo pubblico che dipende dal Ministero per l’Economia e le Finanze.
Secondo quali regole vengono determinati i tassi dei BPF?
Attualmente, la norma di riferimento è il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 6 Ottobre 2004 che all’articolo 5 (Costo della raccolta sotto forma di buoni postali fruttiferi) specifica che: “Il costo della raccolta sotto forma di buoni postali fruttiferi deve allinearsi al costo equivalente dell’indebitamento del Tesoro sul mercato.” In altre parole il costo per lo Stato, e quindi il rendimento per l’investitore, di un buono postale deve essere allineato a quello di un titolo di Stato equivalente.
E’ ovvio che a parità di scadenza un BPF renderà meno di un BTP poiché per lo Stato garantire il rimborso, durante tutta la vita del buono, del capitale e degli interessi pattuiti ha un costo maggiore.
Il problema è che da un po’ di tempo i tassi dei BPF sembrano essere impazziti.
Tutto è cominciato con la complicazione di questo strumento.
Buoni postali. Chi fa il furbo con i rendimenti, ma soprattutto: a chi giova?ultima modifica: 2009-11-13T14:00:00+01:00da consumatori
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