Carbone : il futuro è nero.

CARB.jpgdi Marco Morosini – da L’Avvenire

Il carbone resterà per almeno un secolo un cardine energetico nel mondo? Oppure il suo uso dovrà diminuire di molto nei prossimi decenni? Differenti valutazioni dei suoi costi monetari, sociali e ambientali portano a giudizi opposti. Tra coloro che vogliono migliorare il bilancio finanziario delle fonti di energia alcuni vogliono più carbone, mentre chi vuole migliorare i bilanci sociali e ambientali ne preconizza un rapido abbandono. È al carbone che si deve la rivoluzione industriale che fece esplodere i consumi materiali, specialmente nei Paesi industrializzati. Con esso si producono un quarto dell’energia commerciale primaria mondiale, due terzi dell’acciaio e il 40% dell’elettricità; in Usa e in Germania il 50%, in Cina il 70% e in Australia l’80%. Quasi due terzi del carbone vanno al settore elettrico e un terzo a quello industriale. Da alcuni anni la sua produzione di cresce più di quelle di gas e petrolio e alcuni prevedono un aumento del 50% entro il 2030. Il carbone è distribuito nel sottosuolo di molte regioni del pianeta, è spesso facile da estrarre e costa meno denaro degli altri combustibili fossili. Alcune stime valutano a 900 miliardi di tonnellate le riserve, abbastanza per un consumo annuo ai livelli attuali, 6 miliardi di tonnellate, per almeno un secolo e mezzo. Secondo altri le riserve sarebbero inferiori. Per questo ma soprattutto per motivi sociali e ambientali, secondo il think tank «Energywatchgroup» entro il 2020-2030 il «picco del carbone» potrebbe accompagnare il «picco del petrolio», cioè il momento in cui la sua produzione mondiale comincerà a diminuire (vedi sul sito www.energywatchgroup.org). L’eventuale abbandono del carbone dipenderà dalla considerazione dei suoi costi reali, non solo di quelli monetari. La differenza tra costi reali e prezzi riguarda tutte le merci, non solo il carbone. Nel commercio, accanto all’utilità per chi vende e chi compra, si generano effetti su terzi, causati dalla produzione, l’uso o lo smaltimento di una merce. Se questi effetti sono dannosi, le merci sono «beni» per chi le commercia, ma «mali» per molti altri. Alcuni economisti li chiamarono «costi esterni» (A.C. Pigou, 1932) o «costi sociali» (K.W. Kapp, 1950) della produzione. Anche se sono trascurati nelle contabilità nazionali, i costi esterni di molte merci sono elevati e spiegano perché nei Paesi ricchi il Pil cresce, ma il benessere diminuisce.

Carbone : il futuro è nero.ultima modifica: 2010-06-29T14:00:00+02:00da consumatori
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