da Aduc – di Primo Mastroianni
Approvata il 10 dicembre alla Camera dei Deputati la proposta di legge sul marchio “Made in Italy” per i prodotti tessili, pelletteria e abbigliamento. La solita furbata all’italiana.
Il motivo e’ presto detto leggendo l’articolo 1, comma 4: L’impiego della denominazione “Made in Italy” e’ permesso esclusivamente per prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione… hanno avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale ed in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti fasi e’ verificabile la tracciabilita’.
Chi legge “Made in Italy” dovrebbe ritenere che il prodotto sia interamente, e non prevalentemente, fabbricato in Italia. Con questa furberia, inoltre, potremmo continuare a delocalizzare le lavorazioni piu’ nocive, per l’uomo e l’ambiente, all’estero e riservarci quelle meno dannose nel nostro Paese, marchiando, pero’, il prodotto con il “Made in Italy”.