Etichette alimentari in dialetto e italiano? La tomba dell’economia!

di Vincenzo Donvito – Presidente Aduc

fu.jpgIl ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia, voce autorevole nel settore e quindi da prendere sempre in seria considerazione qualunque cosa dica, oggi, durante la trasmissione TvKlausCondicio, ha fatto sapere di avere intenzione di rendere obbligatorio, sulle etichette alimentari, la dicitura in italiano e nello specifico dialetto, per cui -secondo il nostro ministro- dovrebbero esserci indicazioni di questo tipo: radicchio di Treviso / radicio de Treviso; focaccia ligure / fugassa; il pane biscottato campano /fresella; gli gnocchi sardi / malloreddus.

Che ci siano dei produttori che per meglio specificare il proprio prodotto usano termini dialettali, non e’ una novita’: ovunque si trovano freselle e malloreddus (come li chiamano a Cagliari, mentre a Sassari gli identici gnocchetti li chiamano cicciònese… chissa’ quale dovrebbe essere obbligatorio…). Ed e’ altrettanto noto a chiunque produca usando un termine gergale per l’etichetta che, o si tratta di un marchio su cui si investono milioni per farlo conoscere, oppure ci si limita ad un mercato territorialmente ristretto. Ognuno e’ libero e valuta alla bisogna.
Altro e’ cio’ che ha intenzione di fare il ministro Zaia, cioe’ l’obbligatorieta’: cioe’ tutti i produttori sono condannati o ad investire milioni sui propri marchi o ad essere aziende con mercati limitati. La tomba dell’economia!
Etichette alimentari in dialetto e italiano? La tomba dell’economia!ultima modifica: 2009-09-30T13:00:00+02:00da consumatori
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