Amianto ed altri rifiuti tossici e pericolosi nelle opere pubbliche “gestite” dai capicosca.
Pur di lucrare il più possibile sui soldi che arrivavano dagli appalti, la cricca collusa con i boss della ’ndrangheta era disposta a tutto. Anche a mettere a rischio la salute pubblica. Perché l’organizzazione era sicura di farla franca, grazie all’imponente giro di conoscenze politiche di cui potevano disporre. Non solo, stanchi di vivere di subappalti e di taglieggio ai piccoli imprenditori, le cosche avevano pensato di puntare in alto attraverso l’uso di società capaci di vincere da sole importati appalti pubblici, come per esempio la Perego Strade, poi Perego general conctrator.
«Gli scavi effettuati dalla Perego – la quale, si rammenti, ha lavorato in cantieri per la realizzazione di opere pubbliche di notevole importanza – sarebbero pieni di sostanze notoriamente inquinanti e pericolose, come l’amianto ». Così ha scritto nell’ordinanza, il gip di Milano Giuseppe Gennari e che martedì all’alba ha portato in carcere oltre 160 persone solo in Lombardia (305 in tutta Italia) tra cui Ivano Perego, presidente della Perego Strade, poi diventata Perego general conctractor, e il boss Salvatore Strangio. Proprio Strangio aveva acquisito per conto «delle ’ndrine di Platì e Natile di Careri la gestione e comunque il controllo delle attività economiche» prima di una poi dell’altra società di Perego, tra le maggiori in Lombardia, nel settore del movimento terra. della presunta esistenza di sostanze inquinanti e pericolose nei cantieri in cui ha lavorato la Perego, come si legge nell’ordinanza, ne parla in un interrogatorio un ex dipendente della società, sentito dagli inquirenti