di Ilaria Nava – da L’Avvenire
Capisaldi chiari. Pensati – e condivisi in Parlamento all’epoca dall’approvazione del testo – affinché la legge 40 tutelasse anche la parte più ‘debole’ della fecondazione in vitro, cioè l’embrione. Ecco i contenuti chiave.
ACCESSO SOLO ALLE COPPIE STERILI
La legge consente il ricorso alle tecniche di procreazione artificiale «al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana» e solo «qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità» (art. 1).
I DIRITTI DELL’EMBRIONE
Secondo punto nodale: la legge assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, «compreso il concepito» (sempre art. 1). Tutela, cioè, l’embrione (non solo la donna, e non solo la coppia).
I DIVIETI
Terzo punto fermo: la norma vieta la fecondazione eterologa (art. 4, comma 3): non può essere impiantato l’embrione realizzato con gameti esterni alla coppia. Infine, consente la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano «a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate» (art. 13, comma 2), e dunque vieta «ogni forma di selezione a scopo eugenetico» (art. 13, comma 3), «la crioconservazione e la soppressione di embrioni» (art. 14, comma1), limita la creazione di embrioni al numero «strettamente necessario» (art. 14, comma 2).