Le difficoltà di ricollocamento dei lavoratori maturi sono note alle agenzie per il lavoro. «In caso di crisi – afferma Gabriella Lusvarghi, amministratore delegato di Dbm, del gruppo Gi Group – i 45/50enni sono i primi ad essere sacrificati, per motivi di costo e di competenze. L’innalzamento inevitabile dell’età pensionabile non può allora essere disgiunto dal tema della formazione continua e da azioni che garantiscano una loro migliore occupabilità».
«Il trucco – spiega Mariella Bruno, responsabile della divisione Rentrée di Randstad – è valorizzare le persone con le proprie specificità. Serve un cambio nella cultura organizzativa delle imprese. Noi utilizziamo una metodologia conosciuta come age management , che ottimizza le competenze con soluzioni appropriate: il giovane porta forza fisica, flessibilità, velocità di apprendimento; l’adulto capacità relazionali, esperienza, abilità di problem solving . L’integrazione di queste competenze produce un vantaggio competitivo».
Ovviamente la situazione varia da caso a caso, da figura a figura. «Il problema – insiste Lusvarghi – è mantenere aggiornate le competenze di questi lavoratori e quindi occorre investire in formazione. Poi dipende dal profilo. Come agenzia facciamo fatica a collocare persone con professionalità scarsa o molto scarsa, mentre è più semplice inserire chi ha capacità spendibili sul mercato. Un manutentore trova lavoro anche a 60 anni, un operaio generico è già in difficoltà a 50».
«Tra gli over 45-50enni – conclude Bruno – le figure più ricercate sono quelle gestionali. Un operaio specializzato con esperienza non lo metto a lavorare con dei ventenni, ma a capo di reparto. Io sono ottimista, del resto non c’è scelta: si allunga l’età media, si abbassa il tasso di natalità, è nei fatti che le persone dovranno lavorare più a lungo. Il 50enne avrà meno offerte di un giovane, ma avrà anche lui le sue opportunità».
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