di Viviana d’Aloisio – da L’Avvenire
Ci sono stati gli appelli delle associazioni, le battaglie delle famiglie, i ‘casi’, i dibattiti. Ci sono le linee d’indirizzo del ministero, presentate proprio questa settimana nel Libro Bianco. Eppure ora, sugli stati vegetativi, si è arrivati davvero a una svolta. Perché se gli Ordini dei medici di ben 14 province – tra cui basti nominare Roma, (40mila medici rappresentati), Milano (20mila), Palermo (10mila) – costituiscono un gruppo di studio ad hoc sui pazienti in queste condizioni e promuovono un progetto di ricerca innovativo su come prendersene cura da un punto di vista clinico, la questione esce dalla sfera soggettiva dei punti di vista e delle ‘parti’, per entrare in quella dei protocolli sanitari e del codice deontologico. Un altro piano.
Le riunioni dei consigli direttivi degli Ordini dei medici sono cominciate l’anno scorso, lontano dai riflettori: obiettivo, trovare una chiave comune per affrontare lo stato vegetativo. A partire da un presupposto fondamentale, condiviso da neurologi e rianimatori a Bologna come a Catania, a Ferrara come a Latina, e poi ancora a Lodi, Lucca, Messina, Pavia: quello che non possa – e non possa mai – essere esclusa la presenza di elementi di coscienza nei pazienti in stato vegetativo, ma che il loro livello e la loro qualità possano variare da persona a persona in funzione anche del contesto ambientale. Per i medici di mezza Italia, insomma, i pazienti in questo stato vanno presi in cura, seguiti, studiati, perché tutt’altro che ‘vegetali’.