La dipendenza da Internet? Una bufala nata da uno psichiatra burlone

Internet-Addiction-Disorder-.jpg

da Aduc – Red

internetaddiction.jpgNel 1995 lo psichiatra Ivan Goldberg, che vive a New York, si inventò una malattia: la dipendenza da Internet (Internet Addiction Disorder, IAD).

Ha descritto i suoi sintomi, pubblicandoli naturalmente sul suo sito: ansia, necessità di collegarsi per ore, movimenti involontari delle dita per digitare.
Lo shock è venuto giorni dopo, ricevendo decine di messaggi da persone che si identificavano con il problema. E i suoi colleghi dibattevano.

 Lo stesso anno, la psicologa Kimberly Young, un riferimento nel settore, fondò il Center for Addiction Recovery Internet (netaddiction.com). E il dibattito risuonò su tutti i media.
Quindici anni dopo, la polemica continua, ma si è sgonfiata. Sempre più spesso, gli esperti si rifiutano di riconoscere ivan.gifquesta malattia. “In 25 anni di occupazione non hanno incontrato un solo paziente affetto da questa ‘dipendenza’, sarebbe come parlare di tossicodipendenza da telefono, non ha senso”, ha dichiarato José Miguel Gaona, uno psichiatra specializzato in dipendenze e un dottorato in medicina presso l’Universidad Complutense de Madrid .
Anche l’associazione americana di psichiatria ha escluso la dipendenza da Internet come disturbo della condotta. Non esiste alcuna prova scientifica.

La dipendenza da Internet? Una bufala nata da uno psichiatra burloneultima modifica: 2010-05-29T14:00:00+02:00da consumatori
Reposta per primo quest’articolo

2 pensieri su “La dipendenza da Internet? Una bufala nata da uno psichiatra burlone

  1. ciao, trovo assolutamente azzardati entrambi i concetti: parlare di “dipendenza da internet”, e dire “la dipendenza da internet non esiste”.IAD è, in fin dei conti, un termine convenzionale che si adotta, ma che sintetizza seppur in modo errato e incompleto, una serie di situazioni molto complesse.Sarò franca: appena ho letto su google “dipendenza da internet bufala inventata da uno psichiatra” mi sono arrabbiata e la mia intenzione era di venir qua e lasciare un commento dal tono poco piacevole, visto che ho un simile problema (di IAD) da quasi una decina d’anni e ne sto uscendo a fatica. Ma, poi, leggendo l’articolo ho constatato che al di là del titolo, non dice niente di diverso, sostanzialmente, da quanto effettivamente penso io, dopo aver approfondito il mio problema, ed essermi documentata sulla IAD stessa.Ovvero, alla fin fine la cosiddetta “dipendenza da internet” è un termine generico per definire problematiche che, effettivamente, si sfogano su internet ma in realtà sono impulsi che provengono da disturbi antecedenti, su cui la rete trova uno sfogo a basso costo, ma avendo l’occasione uno potrebbe anche riversare i problemi su alcool, droga, o altro.Parlando per me, posso dire che un lutto non elaborato mi aveva causato, dall’età di 12 anni, una completa chiusura verso le relazioni sociali. Squilibrio portato avanti per anni, che appena ho avuto in mano internet ha trovato suo sfogo nella ricerca continua, tramite la mia identità e anche un’identità falsa di un’altra persona inesistente, di relazioni sociali.Non ricerca compulsiva di “amicizie” o incontri, bensì una ricerca di far conoscenza con poche persone ma a condizione che fosse una corrispondenza assidua e che si affezionassero a me. Uno squilibrio che, in fondo, credo che se non avessi trovato l’aiuto di una psicologa e del ragazzo che amo a far venir fuori il problema ammettendolo con me stessa in primis, sarei finita ai limiti dello stalking con + di qualcuno distruggendo pure il poco che avevo.Sono d’accordo sul fatto che spesso si tende troppo a demonizzare internet, ma è inutile stare a nasconderci che se già si possiedono dei problemi a livello comportamentale o relazionale, internet facilita atteggiamenti compulsivi per i quali necessita aiuto e una gran forza di volontà per uscirne ma non è la rete, in se stessa, a “fare male” così come invece fa male la droga; là ci sono delle componenti chimiche, a intervenire, qua si parla solo a livello mentale.Poi in quanto agli adolescenti, è chiaro… nella fase della crescita si rischia sempre di usare le cose in modo smodato. Vale per la rete, ma anche per il cibo certe voltePoi cmq, inutile dire che ci son troppe persone che ci speculano, sulla IAD, nel mio percorso di lotta contro questa dipendenza, lotta che sto portando avanti da un anno e mezzo, ne ho incrociati troppi per la mia strada! Gente che prometteva di tutto, cure di meditazione, sedute, ipnosi, terapia di gruppo…naturalmente senza computer… tutta gente che fa i soldi ma non gliene frega niente della persona, e non hanno capito il problema.Non combatti la IAD, o chi per essa, eliminando il computer, il problema NON è il computer. Perché se poco poco la persona trova qualcos’altro “di meglio” (ho un amico passato dalla ‘dipendenza da internet’ a quella da sesso…reale), uno passa da una dipendenza all’altra. Per il semplice motivo che non essendoci niente di chimico ad aver causato il problema, restando nella mente della persona la causa scatenante della cosa, basta un niente per farla cascare ancora + in basso.Trovo perciò imprudenti entrambi gli atteggiamenti: difendere a spada tratta i “sostenitori della IAD”, e anche dire drasticamente “la IAD non esiste”.IAD è, alla fin fine, solo un nome che può voler dire tutto e niente. Una cosa per cui non ci può essere una diagnosi e quindi una cura definitiva.Io dico sempre che sto combattendo contro una dipendenza da relazioni sociali su web, ma alla fine nemmeno io sto facendo cicli specifici di terapia… sto “semplicemente”, anche se non è semplice affatto, cercando di risolvere i problemi relazionali che mi hanno portato a dipendere dalle relazioni su web.Per non parlare poi di tutte le volte che i giornali tradizionali, o le voci provenienti dalla Cina e Corea, per motivi politici ed economici hanno tutto l’interesse a calcare la mano sulla IAD, rendendola una cosa insormontabile: non nascondo, da persona che ha sofferto, il timore che tra qualche anno ci sarà chi considererà uno che sta tanto in rete, come una specie di tossico da mettere ai margini della società. Quando di fatto, non è il tempo che si sta in rete, ma l’approccio che si ha con la rete a causare il problema che, ribadisco, è sempre da me che proviene, mai dal mezzo di comunicazione in se stesso. Oppure, il peggiore effetto che potrebbe avere il terrorismo mediatico, è l’effetto malattia pericolosa esattamente come quelli che credono che basti un bacio per contagiarsi con HIV…Da persona attiva nella lotta all’AIDS posso assicurare che questi individui ci sono ancora, nonostante siamo nel 2010 e ci sia in giro molta informazione sulla reale entità dell’HIV e la sua infettività.Per concludere, se io c’ho messo dieci anni a capire ed ammettere di stare male, è anche a causa di questo terrorismo mediatico sulla “tossicodipendenza da internet”…Mi sentivo una sfortunata, una debole, un derelitto, una drogata che una volta che gli altri avessero scoperto il problema mi avrebbero rinchiusa da qualche parte, una che doveva solo vergognarsi di vivere.Invece, ero solo una persona che stava soffrendo e aveva bisogno d’aiuto. Ciao.

  2. Le persone sono dipendenti da sostanze o attività, non da un mezzo di comunicazione. Per dire la ‘dipendenza da Internet’ è assurda—-Navigare su Internet è un’attività.

I commenti sono chiusi.